La Camera dei Deputati ha approvato il testo della cosiddetta riforma Cartabia che adesso passerà al Senato. Si tratta di un mini intervento che incide principalmente sul sistema di elezione del CSM, oltreché sulla valutazione dei magistrati in vista dell’avanzamento di carriera, sulla impossibilità di ritornare ad avere funzioni giudicanti dopo aver ricoperto incarichi elettivi e sulla limitazione del passaggio tra la funzione inquirente e funzione giudicante e viceversa. Una risposta, certamente, alla spinta di cambiamento che arriva dai referendum dopo quanto emerso con la vicenda Palamara, ma debole, in quanto non incide sull’aspetto correnti /logiche spartitorie legate all’assegnazione degli incarichi direttivi.
La questione è piuttosto semplice: se i capi degli uffici vengono decisi dal CSM ed i componenti togati del CSM vengono eletti come fossero politici con tanto di campagna elettorale, è ovvio che le loro decisioni saranno sempre condizionate da correnti e logiche politiche. L’unico modo per estirpare il correntismo è il sorteggio nella scelta dei rappresentanti dei magistrati al CSM. Francamente, non è comprensibile perché i vertici della magistratura organizzata (molto meno il popolo dei magistrati) siano contro il sorteggio. I potenziali sorteggiati sarebbero magistrati, cioè persone ritenute idonee ad amministrare giustizia, a decidere della vita delle persone. Va da sé che abbiano i requisiti per poter fare le nomine all’interno del CSM! È evidente che c’è dell’altro, cioè una brama di potere, sicuramente patologica in un sistema democratico.
Ugualmente patologico è il tentativo di innalzare l’età pensionabile dei magistrati. Guarda caso, in concomitanza con il prossimo pensionamento di alcune figure apicali molto importanti. Così come patologico è il fatto che l’associazione di categoria, sempre pronta a protestare contro le ipotesi di riforma che arrivano dalla politica, sia stata piuttosto tiepida, per non dire silente, di fronte a questa idea. Di solito i lavoratori cercano di andare in pensione prima e una persona a settant’anni, nel pubblico impiego avrebbe diritto di godersi il meritato riposo… Sullo sfondo, evidentemente, c’è uno scontro di potere. Quello scontro di potere che avvelena da anni la nostra vita democratica.